
Il Tempo come maestro e giudice



Sono accanto a Ermanno Casasco da anni, osservando il suo lavoro e imparando dalle sue idee sul paesaggismo, che considero una lezione continua. Non è il tipo da ripetere concetti già detti: rifiuta i luoghi comuni e le teorie stantie che molti continuano a proporre nel nostro settore. “Non voglio raccontare oggi quello che dicevo trent’anni fa,” ripete spesso, chiarendo il suo bisogno di innovare e di ancorare il suo lavoro a una visione dinamica e contemporanea.

Un Metodo Essenziale
Ermanno preferisce lasciare che siano i suoi progetti a parlare. “Il prima, il dopo e quello che succede nel mezzo sono fondamentali,” sottolinea spesso. Questo approccio nasce dalla sua formazione negli Stati Uniti, dove ha appreso che il paesaggio non è mai statico, ma vive e si trasforma nel tempo. Ha portato questa filosofia in Italia, adattandola al contesto locale e trasmettendola ai suoi studenti. Nei suoi corsi insiste su un principio chiave: il paesaggismo è un processo pratico. Non basta progettare un giardino; bisogna seguirlo, vederlo crescere, capire come si adatta con lo scorrere degli anni e cosa insegna a chi lo osserva.

Le Origini di uno Stile
Tra i suoi lavori, Bordighera rappresenta un esempio significativo. “È lì che ho sperimentato le idee che avevo portato dalla California,” mi racconta. Negli anni Settanta, ispirato da pergolati, camminamenti e muretti, ha creato spazi che coniugano la funzionalità con una bellezza duratura. Questo approccio, profondamente legato al contesto mediterraneo, rappresenta uno dei primi esempi della sua capacità di fondere innovazione e tradizione.

Il Tempo come Giudice
Per lui, un giardino non si giudica al momento della sua creazione. “Bisogna osservarlo dopo 25 o 30 anni per capire se il progetto funziona,” spiega. Questo lo porta a seguire costantemente i lavori realizzati, come il Parco Negombo o i giardini progettati in Sicilia. “Seguendo la crescita del giardino, imparo qualcosa di nuovo ogni volta,” dice. Questa attenzione continua gli permette di adattare e migliorare il progetto, trasformando ogni errore in un’opportunità di apprendimento.
Un Dialogo con la Natura
Le esperienze in contesti diversi, dalla Russia alle Maldive, gli hanno insegnato che le piante reagiscono in modi inaspettati. “Le piante ragionano come noi, ma in un modo tutto loro,” afferma. “Non possiamo imporre la nostra logica; dobbiamo osservare e ascoltare.” Questo approccio umile e rispettoso riflette la sua convinzione che il paesaggismo non sia un atto di imposizione, ma un dialogo continuo con la natura.

Una Visione Autentica
Non ama i discorsi vuoti. “Il giardino non è solo ‘bello qui’ o ‘bello là,’” sottolinea, “è un luogo di evoluzione, di errori e di correzioni.” È critico verso chi tratta il paesaggio come una semplice questione estetica, senza riconoscere la complessità del suo rapporto con il tempo e l’ambiente. Ogni giardino racconta una storia, un percorso che va seguito e compreso nel lungo termine.

Essere al suo fianco significa imparare che il paesaggismo è molto più che un’arte visiva: è un continuo scambio con la terra, le piante e il tempo. Ogni progetto è una lezione, ogni giardino un laboratorio vivente. Non si limita a creare spazi verdi; costruisce relazioni con la natura e, nel farlo, insegna a guardare oltre il presente, verso un futuro in cui il paesaggio continua a raccontare storie di bellezza e cambiamento.