
Il serpente e il giardino
Eleonora Fiorani
IL SERPENTE E IL GIARDINO
Il serpente è uno dei simboli più importanti dell'immaginazione umana per la sua straordinaria versatilità e diffusione. Simbolo dai molti volti tra loro contraddittori, rappresenta contemporaneamente il tempo e le sue metamorfosi, la fecondità e la perennità ancestrale. Rimanda fin dall'origine alla grande madre della preistoria, emblema della vita e della morte, della fertilità e fecondità del cosmo. Le sue spire sono quelle stesse dello scorrere delle acque.

È l'uroboro, il doppio della luna, che scompare e poi riappare, ma è anche l'animale degli inferi che si inabissa nelle fenditure della terra. È l'animale metamorfico, che si rigenera, e quello che si morde la coda, mangiando indefinitamente se stesso a significare la dialettica della vita e della morte e della loro reciproca conversione. È un animale ibrido, fausto e infausto, che può riassumere tutti gli animali: è il drago del flusso e riflusso della vita; è l'animale alato che richiama l'aria e i venti, è l'animale che si snoda con ondulazioni che richiamano il fluire delle acque, è ctonio e uranico, lunare e androgino, capace di donare l'eternità della vita e della giovinezza e la morte.
Ostacolo e custode, è congiunto all'albero quale ingannevole promessa della sua perennità. Ed è tutt'uno con il grande immaginario del labirinto.
Anche nella nostra cultura, in cui pur prevale anche nell'iconografia l'immagine cristiana, della tentazione e dell'inganno, persistono tracce di questo antico culto lunare, legato alla fecondità della terra e al femminile: nella Madonna delle Grazie a Luco che gioca con il serpente e nelle feste ancora oggi dedicate a questo animale. Tra le infinite e diverse raffigurazioni ancora presenti, ricordiamo Melusina, la donna-serpente, da cui viene la sirena e il drago che San Giorgio sconfigge. Bachelard vi vede poeticamente la forma animale del verbo allacciare.

Ma non sono queste le ragioni che hanno spinto Casasco a immaginare un giardino dominato dal serpente. Casasco lo pensa piuttosto come una presenza laicamente ingannevole e "infernale", certo, traendo ispirazione dalla tradizione cristiana della cacciata dell'uomo dal paradiso terrestre, quindi della perdita del giardino quale dimora dell'uomo. E ciò fa dell'uomo un errante, alla costante ricerca di ritornare nell'Eden. Ma in più Casasco vi vede, metaforicamente, la minaccia che insidia da allora la possibilità per l'uomo di ricostruire il giardino perduto sulla terra, e il suo essere pertanto sempre presente sotto sembianze diverse. Per questo, a suo avviso, ciò che conta nella progettazione, non è tanto ricercare il genius loci, o unire le "sinergie" del luogo, come si usa dire oggi, ma individuare sotto quali sembianze si nasconde il serpente. E, infatti, sempre il serpente l'attore principale di quell'affascinante scenografia verde che è il giardino. Se non ci fosse, l'uomo avrebbe realizzato il suo Eden. Come combattere, allora, il serpente? Occorre anzitutto individuarlo, cercandolo non negli elementi climatici che, se correttamente considerati e rispettati, si possono superare o evitare, ma nell'uomo stesso. Si può, a suo dire e secondo la sua lunga e plurinazionale esperienza di progettazione del giardino, nascondere e mimetizzare ovunque, e può assumere le più diverse sembianze: il funzionario forestale, l'ambientalista, il politico, l'architetto, il vivaista, il giardiniere, l'amico, l'invidioso, il vicino di casa, insomma chiunque si incontri e ostacoli la realizzazione del giardino.

E se è presente nel committente, allora è meglio rinunciare. A suo avviso, dunque, la buona riuscita del lavoro di un paesaggista dipende dalla sua capacità di gestire questi personaggi, e tutto ciò richiede una grande energia e fatica, mentre, se si ha tutto l'aiuto del committente, la realizzazione del giardino diventa piacere, divertimento, gioia creativa, diversamente è un lavoro che si cerca solo di fare nel modo più professionale e corretto.
Eleonora Fiorani